Prima di intraprendere questo viaggio nei meandri della psiche umana con le sue straordinarie capacità e le diverse modalità per fruirne al meglio, è bene porre una (forse banale, ma fondamentale) distinzione: quella che differenzia l'apprendere dallo studiare e questi dal comprendere.
Mi perdonino i tanti addetti ai lavori che mi scrivono, cui sicuramente tale distinzione apparirà scontata ma -appunto- intraprendendo un viaggio senza sapere bene con chi si viaggia, è bene distribuire a tutti le mappe più adeguate per orientarsi e, non per ultimo, molti sono anche gli studenti (pure giovanissimi) che mi contattano per avere questa o quell'altra informazione ("trucchetti", in verità li chiamano loro -e a buona ragione).
Affinché questa mappa sia, dunque, più precisa dovremmo più propriamente parlare di apprendimento incidentale e apprendimento intenzionale.
Nel primo caso, l'apprendimento incidentale, si verifica quando un vivente, qualsiasi esso sia, foss'anche l'ameba, affronta un qualche tipo di nuova esperienza, anche leggermente nuova, ma divergente dalle precedenti sinora vissute. La caratteristica di questo apprendimento è quella di non essere cercato, un apprendimento non voluto all'interno di un'esperienza il cui obbiettivo finale non è -per così dire- quello di apprendere.
Prendiamo il classico esempio del bambino che tocca la pentola bollente. Dopo questa prima dolorosa esperienza, se proprio non siamo in presenza di un generoso deficit (non solo cognitivo), il bambino starà ben lontano da qualsiasi oggetto simile che si presenta nelle medesime situazioni. Il suo corpo ha dolorato, il cervello ha registrato quel dolore, il messaggio è divenuto informazione: il bimbo ha fatto un apprendimento.
In questo senso possiamo dire che, qualsiasi vivente, dotato di un seppur minimo sistema neuronale, è capace di apprendere. Più il sistema neuronale è complesso, più il vivente sarà in grado di sviluppare apprendimenti incidentali complessi. Ad esempio, sia l'ameba che il bambino apprendono a evitare il dolore sperimentato, ma solo il bambino potrà apprendere -chessò- come si accoppiano i canguri guardando un documentario in televisione -sì, forse l'esempio è un po hard, ma rende bene... credo.
In questo senso possiamo dire che, qualsiasi vivente, dotato di un seppur minimo sistema neuronale, è capace di apprendere. Più il sistema neuronale è complesso, più il vivente sarà in grado di sviluppare apprendimenti incidentali complessi. Ad esempio, sia l'ameba che il bambino apprendono a evitare il dolore sperimentato, ma solo il bambino potrà apprendere -chessò- come si accoppiano i canguri guardando un documentario in televisione -sì, forse l'esempio è un po hard, ma rende bene... credo.
Cosa diversa è, invece, studiare, ovvero l'apprendimento intenzionale. In questo caso, infatti, è necessaria la "volontà di imparare", cioè ci si deve -appunto- intenzionalmente mettere, come si dice: "di gruzzo buono" per introitare cose che non si conoscono.
La più vistosa differenza con l'apprendimento incidentale è che, nel caso dell'apprendimento intenzionale, non si può non apprendere.
Il bambino che ha guardato accoppiarsi i canguri può anche dimenticarsene dieci minuti dopo (cosa che farà probabilmente un gran bene ai suoi futuri rapporti di coppia). Ma se, quello stesso bambino, deve essere verificato su quell'argomento in qualche astruso compito in classe, tale dimenticanza non può accadere: l'informazione deve fissarsi nel suo cervello. In questo caso l'intenzionalità, lo sforzo e l'impegno ad imparare sono indispensabili.
La cosa interessante, e un po' paradossale, è che, il più delle volte, l’apprendimento incidentale è più funzionale di quello intenzionale, poiché l'esperienza diretta coinvolge emozioni, corpo, motivazioni, condizioni che si sono dimostrate fondamentali all'apprendere ma che -spesso- sono escluse dal processo intenzionale.
Infatti, l’apprendimento intenzionale, oltre a richiedere uno sforzo cognitivo (una fatica) assai maggiore, insieme all'utilizzo di specifiche abilità, nonché al coinvolgimento di processi attivi di attenzione e memorizzazione, si associa (forse proprio per questo) ad elementi come la noia, la distrazione, la stanchezza, non che alle possibili difficoltà specifiche del soggetto che apprende, a volte dettate da errate modalità, altre da deficit congeniti. D'altra parte, solo attraverso l'apprendimento intenzionale l'informazione ha la possibilità di fissarsi sicuramente.
Come fare dunque?
Il trucco, se così si può chiamare, dovrebbe essere quello di sfruttare al meglio entrambe queste modalità: la spinta dell'apprendimento incidentale e le modalità più adeguate per fissare le informazioni tipiche dell'apprendimento intenzionale.
Questo mix efficacie è quello che chiamiamo comprendere, anzi: com-prendere, prendere dentro di sé, abbracciare con la mente, accogliere nel profondo un dato, un'informazione, un sapere in modo tale che il soggetto non solo possa fruirne speculativamente, ma sia anche in grado di generalizzare quel sapere allargando il suo utilizzo a contesti anche non strettamente pertinenti.
Questa "magia" è ciò che cercheremo di raccontare in questo blog.
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